La formazione e la fuga dalla Russia nel 1920

Gregorio Sciltian (Grigorij Ivanovič Šil’tjan) nasce in Russia, a Nachičevan’, poi fusa con Rostov sul Don, il 20 agosto 1898 da genitori armeni: suo padre è notaio della città, la madre è discendente di una ricca e aristocratica famiglia d’industriali. Inviato a Mosca per terminare gli studi classici, inizia in lui a delinearsi ben presto la passione per le arti figurative. In seguito ai rivolgimenti della Rivoluzione d’ottobre cerca di raggiungere l’Europa, ma deve fermarsi a Tbilisi, in Georgia, in attesa del visto di espatrio.

Qui viene introdotto dai fratelli Zdanevič nell’ambiente cosmopolita della città, pullulante di russi in fuga dai bolscevichi, e incontra gli artisti Sergej Sudeikin, Savelij Sorin, Titsian Tabidze, Paolo Jasvili, il drammaturgo Nikolaj Evreinov, il poeta Vasilij Kamenskij e il musicista Nikolaj Čerepnin. Si unisce per breve tempo a un gruppo di intellettuali d’ispirazione anarco-nichilista-dadaista, fra cui Devis Umanskij e Rjurik Rok. Sempre a Tbilisi conosce il pittore moscovita Voldemar Boberman, allievo di Il’ja Maškov, e la sorella Elena che diverrà poi sua moglie. Il 5 agosto 1920 Sciltian lascia definitivamente la Russia, trasferendosi prima a Costantinopoli, dove incontra di nuovo la famiglia Boberman, e poi a Vienna, dove, ospite da parenti, studia all’Accademia di belle arti.

Da Berlino alla prima mostra italiana del 1925, il soggiorno parigino 1927 – 1933
Alla Vigilia di Natale del 1922 raggiunge a Berlino la famiglia Boberman e tramite loro entra in contatto con Il’ja Erenburg e con gli artisti Lev Zak, Filipp Goziason e Roman Kramstik, con i quali apre uno studio sulla Motzstrasse. Incontra inoltre Pavel Cdelišěv, già conosciuto a Costantinopoli, e Konstantin Tereškovič. A Berlino nel 1923 sposa Elena Boberman e dopo il viaggio di nozze a Monaco prosegue verso l’Italia, la sua “terra promessa”. Fino al 1927 risiede con la moglie a Roma. Durante il soggiorno romano uno dei contatti russi più preziosi è rappresentato da Pavel Muratov, ma entra in rapporto anche con diversi intellettuali e artisti italiani, fra cui Corrado Alvaro, Alberto Savinio, Giorgio de Chirico, Vincenzo Cardarelli, Filippo de Pisis, Roberto Longhi e sua moglie Anna Banti, i fratelli Bragaglia. Proprio presso la Casa d’Arte Bragaglia inaugura nel 1925 la sua prima personale, introdotta da Longhi, rimasto colpito dai suoi lavori; conosce qui Leo Longanesi, Marcello Gallian, Massimo Lelj, Alberto Spaini, Antonio Baldini, Antonio Donghi e Giuseppe Capogrossi. Nello stesso anno partecipa alla III Biennale Romana e alla XV Biennale di Venezia, acquisendo grande notorietà. Dal 1927 al 1932 vive con la moglie a Parigi, espone a diversi Salons e allestisce una personale alla galleria Renaissance: il Musée du Luxembourg acquista nel 1929 il suo quadro La fioraia; il successo a livello internazionale arriva nel 1930 con la partecipazione all’“Exposition de l’Art Russe” organizzata da Aleksandr Benois (padre di Nikolaj, conosciuto in Italia come Nicola Benois) e da Sergei Diaghilev al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles: i Musées Royaux del Belgio gli acquistano Marinette (1927). Sciltian, tuttavia, non sopporta l’effimero ambiente artistico parigino, dominato dalle avanguardie.
Il ritorno in Italia 1933
Questa insofferenza e l’insuccesso della sua personale alla Galerie Van Leer nel 1933, quando è criticato come artista freddo e accademico, lo spingono a ritentare la sorte in Italia: lo stesso anno con pochi soldi parte per Milano dove ha modo di esporre alla galleria Scopinich. Durante il secondo soggiorno italiano ritrova de Chirico e Savinio, frequentati assiduamente anche negli anni parigini. Proprio a Parigi i due fratelli avevano presentato a Sciltian Mario Broglio, fondatore di “Valori Plastici”, nonché Achille Funi, Gino Severini, Mario Tozzi e Umberto Brunelleschi, artisti che, assieme a Carlo Carrà e Mario Sironi, ritroverà più tardi a Milano al caffè Cova di via Verdi. Particolarmente importante si rivela l’amicizia con de Chirico, tramite il quale Sciltian entra in contatto con nuovi acquirenti, come gli avvocati Baruffaldi e Verdirame, che gli commissionano numerosi lavori, soprattutto nature morte, poi esposte alla galleria Gian Ferrari di Milano nel 1938. A Milano frequenta anche il caffè Donini in piazza San Babila, dove incontra regolarmente Pietro Marussig e il critico d’arte Enrico Somarè. Questi lo introduce nel ricco mondo dei mercanti d’arte milanesi e lo mette in contatto con i fratelli Tallone. Tramite l’amico Vagnarelli, di professione vetraio, acquisisce altri committenti, fra cui Zecchini, proprietario di una bottega d’arte in piazza dei Mercanti, e Torretta, titolare del cinema Porpora. Nel 1933 espone alla galleria Prevosti di Varese. Fu Gino Bonomi, che inoltre gli presenta il noto restauratore Mauro Pelliccioli, a introdurlo nell’ambiente dei collezionisti d’arte milanesi, fra cui il duca Luigi Visconti di Modrone che gli commissiona un ritratto che lo fa diventare tra i ritrattisti più ambiti del suo tempo. Sempre a Monza conosce il pittore Ugo Galetti. Durante la guerra, e in seguito al bombardamento della sua residenza milanese di via della Spiga, si rifugia con la moglie in una villa a Morgnaga, frazione di Gardone Riviera, sul lago di Garda. In questo periodo esegue opere per le alte sfere del regime e in particolare per Galeazzo Ciano, di cui esegue un intenso ritratto, riscoperto solo in anni recenti.
I Pittori moderni della realtà 1947 - 1949
Nel 1947 ritorna a vivere a Milano, trascorrendo le estati tra Morgnaga e il suo studio di Venezia, la “Casa dei Tre Oci”, costruita dal pittore veneziano Mario De Maria alla Giudecca in memoria della figlia Silvia morta prematuramente.

Nel 1947 firma insieme a Pietro Annigoni, Xavier e Antonio Bueno il Manifesto dei Pittori Moderni della Realtà, allo scopo di promuovere un’arte legata alla tradizione figurativa e di contrastare le correnti dell’informale. Sostenuti da Orio Vergani, i pittori espongono in cinque occasioni fino allo scioglimento del gruppo, al quale nel frattempo si erano uniti anche Alfredo Serri, Giovanni Acci e Carlo Guarienti.

Il successo nell’Italia del boom economico
A partire dagli anni Cinquanta si consolida la posizione di Sciltian quale ritrattista prediletto della grande borghesia italiana e di alcune tra le personalità più conosciute nel mondo dello spettacolo, su tutti i fratelli Eduardo e Peppino De Filippo. Sul finire degli anni Sessanta l’artista si trasferisce a Roma, sul lungotevere Raffello Sanzio, dove trascorre il resto della sua vita. L’arte di Sciltian spazia dalla natura morta al trompe l’oeil, a soggetti sociali e religiosi. Tra i suoi lavori più importanti vanno citati il Bacco in osteria (1935-1936), I vagabondi (1943), Il filatelico (1947), Viaggio in un’isola misteriosa (1952-1953), Le due età (1956), La scuola dei ladri (1954-1955), La scuola dei modernisti (1955-1956), il grande ciclo con Le quattro stagioni e la Pesca miracolosa (1967-1968) collocato nel ristorante di prima classe della turbonave Raffaello, Mors atomica (1978). Tra i soggetti sacri sono da ricordare nel 1950 la Madonna della città (poi riprodotta su un francobollo della Repubblica di San Marino nel 1982), nel 1960 la Madonna degli Armeni, eseguita su commissione per la cattedrale di Echmiadzin (Armenia), all’epoca facente parte dell’Unione Sovietica, nel 1962 il complesso di nove tele col Battesimo di Gesù pensato originariamente per la chiesa dell’Autostrada del Sole di Giovanni Michelucci, ma poi collocato nella basilica del Sacro Cuore Immacolato di Maria ai Parioli a Roma, e nel 1977 il San Paolo della Pinacoteca Vaticana, donato a papa Paolo VI in occasione del suo ottantesimo compleanno.
Sciltian il teatro d’opera e le grandi mostre
Nel corso della sua lunga carriera Sciltian si è dedicato anche alla scenografia: per il Maggio Musicale Fiorentino lavora a Guerra e pace di Prokof’ev nel 1953; per la Scala di Milano esegue scenografie e bozzetti di costumi per la Mavra di Stravinskij nel 1955, per Il campanello dello speziale di Donizetti nel 1957, per l’Abu Hassan di Weber e La guerra in famiglia di Schubert, eseguite in dittico nel 1958; mentre per il Teatro del Convegno ha ideato nel 1962 la scenografia del Cardinale di Spagna di Henry de Montherlant; illustra inoltre con acquerelli e disegni il capolavoro di Tolstoj Anna Karenina nel 1967 e I Vangeli, ultimo suo lavoro, nel 1985. Mostre antologiche gli vengono dedicate nel 1970 in Palazzo Venezia a Roma, nel 1973 a Venezia e nel 1980 a Milano alla Rotonda di via Besana. Nel 1983, per primo fra i pittori viventi, viene invitato a esporre al Museo Puškin di Mosca, che gli acquista per la sua raccolta il Trompe-l’oeil dell’autoritratto (1965), nel quale l’artista compare riflesso su di una sfera di vetro. La sua prima mostra antologica postuma è stata organizzata nel 1986 nel Palazzo dei Diamanti a Ferrara. Mentre la riscoperta critica dell’intero percorso artistico di Gregorio Sciltian si deve alla grande mostra monografica LIllusione di Sciltian allestita al Museo di Villa Bardini di Firenze nel 2015.
Sciltian nei musei e principali pubblicazioni
Opere di Sciltian si trovano, oltre che in collezioni private, nei maggiori musei in Italia e all’estero: Galleria nazionale d’Arte moderna di Roma, Galleria degli Uffizi di Firenze, Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera, Galleria d’Arte moderna e contemporanea di Bergamo, Musei Vaticani, Musée du Luxembourg e Musée Arménien de France a Parigi, Musées Royaux di Bruxelles, Musée des Beaux-Arts di Nîmes, Museo di Erevan in Armenia, Museo teatrale del Metropolitan Museum of Art di New York e Museo Puškin di Mosca. Come scrittore Sciltian ha espresso il proprio credo estetico nel volume Pittura della realtà (Hoepli, 1956) poi ampliato e ripubblicato con il titolo Realtà di Sciltian (Hoepli, 1969), e ci ha lasciato una viva testimonianza della sua avventurosa esistenza nell’autobiografia dal titolo Mia avventura (Rizzoli, 1963). Nel 1976, ancora per Hoepli, sul modello degli antichi maestri, ha dato alle stampe il suo Trattato sulla pittura, tradotto e pubblicato anche in Francia. Sciltian è morto nella sua casa di Roma il 1° aprile 1985.